La storia del cane San Bernardo
La nascita del cane di San Bernardo risale al 1600 da cani da pastori in Svizzera. Il nome deriva dall’ospizio San Bernardo.
Vito Priolo
La storia che vi racconterò oggi ci porterà indietro di centinaia di anni. Andremo a ripercorrere infatti la nascita del cane simbolo di una nazione a noi vicina. La Svizzera e la razza di cane in questione è il San Bernardo. Correva il secolo 1200 nel cantone del Vallese, sulle alpi Svizzere nel valico del Monte San Bernardo. In quegli anni, i valichi alpini erano come oggi dei crocevia fondamentali per i collegamenti fra il nord Italia ed il resto d’Europa e la Svizzera soprattutto. E proprio in quegli anni, questi valichi erano flagellati da briganti che lo rendevano una tratta altamente insicura e pericolosa per i viaggiatori, alla mercé di agguati nel bel mezzo della montagna. A tal motivo, l’arcidiacono di Aosta fa costruire l’ospizio del Gran San Bernardo dal nome dell’omonimo monte che da il nome anche al valico. In questo ospizio, i viaggiatori potevano trovare rifugio durante il loro viaggio. Più avanti nei secoli, e per esattezza, 400 anni dopo, alla fine del 1600, i primi cani apparvero nell’ospizio. Si trattava di cani da guardia soprattutto, donati dai pastori e dagli abitanti delle fattorie vicine. È proprio dagli incroci di questi cani che origina la razza del San Bernardo. Si trattava di temerari accompagnatori e protettori dei viaggiatori che ben presto dimostrarono incredibili abilità nel ritrovare gli sventurati sperduti nelle intemperie. La notorietà arrivò nel 1800, quando i militari al servizio di Napoleone Bonaparte rimasero stupiti per le incredibili capacità di salvataggio di questi cani e ne sparsero la fama in giro per l’Europa.
Infine, per arrivare al riconoscimento ufficiale della razza dobbiamo aspettare fino alla fine del 1800 e per essere specifici al 1984, quando a Berna sono stati registrati i “primi” 28 esemplari di cane di San Bernardo. Da lì a poco, nel 1987, questo meraviglioso cane verrà riconosciuto dalla comunità internazionale.
Vito Priolo
MRCVS, PhD